Nuove disposizioni tributarie in materia dei c.d. “lavoratori impatriati”

| Amministrazione | Area fiscale (TAX)

Attualmente il comma 1 dell’art. 16 del D.lgs. n. 147 del 14.09.2015 regola ancora le agevolazioni a favore dei lavoratori italiani che dall’estero rientrano in patria.

Ad oggi, i requisiti necessari sono:

  • il possesso della residenza fiscale all’estero nei due periodi di imposta precedenti al trasferimento;
  • l’impegno di risiedere in Italia per almeno due anni successivamente al trasferimento.

Ulteriori condizioni, non previste dalla norma ma da successive circolari ministeriali, prevedono che:

  • il trasferimento in Italia deve essere effettuato per motivi di lavoro;
  • ci sia una cesura con il precedente rapporto di lavoro.

Il regime speciale ha carattere temporaneo, ossia si applica per il quinquennio decorrente dal periodo d’imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia; è, però, prevista una proroga nel caso in cui il lavoratore impatriato abbia figli minorenni a carico o se acquista un’abitazione nel territorio dello Stato.

Le tipologie di redditi agevolabili sono:

  • i redditi di lavoro dipendente;
  • i redditi di lavoro autonomo;
  • i redditi di impresa.

Tali redditi sono imponibili nella misura del 30%, con esenzione del 70% che sale al 90% se il lavoratore trasferisce la residenza in una regione del Sud Italia. In ogni caso non sono previsti limiti all’importo esentabile.

Il regime prevede, altresì, una disciplina specifica anche per i professionisti sportivi che decidono di tornare in Italia, applicando a questi un’agevolazione del 50% a determinate condizioni (lavoratore di almeno 20 anni d’età e reddito superiore al milione).

Tuttavia, lo schema di decreto legislativo di attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso ottobre e noto come “Schema di Decreto”, introduce importanti modifiche e ridimensionamenti alle agevolazioni fiscali per i lavoratori impatriati.

Innanzitutto, al fine di usufruire del regime agevolato, sarà necessario che il lavoratore impatriato risulti fiscalmente residente all’estero nei tre periodi di imposta precedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno cinque anni; in più, sarà indispensabile il possesso di elevata specializzazione e qualificazione.

Unicamente i redditi di lavoro dipendente e autonomo – ad esclusione dei redditi di impresa – potranno ottenere l’agevolazione, applicabile però solo sui primi 600.000 euro di reddito.

I redditi prodotti in Italia dovranno provenire da un nuovo rapporto di lavoro con soggetto diverso dal precedente datore di lavoro all’estero e diverso da quelli appartenenti allo stesso gruppo.

Riguardo, invece, l’esenzione:

  • i redditi saranno imponibili nella misura del 50% (esenzione del 50%);
  • non saranno applicate ulteriori esenzioni per i lavoratori impatriati che trasferiranno la residenza in una regione del Sud Italia;
  • i redditi saranno agevolabili per soli cinque periodi imposta, senza possibilità di proroga.

Anche particolari agevolazioni per i professionisti sportivi saranno abrogate.

Le regole appena descritte non riguardano coloro che trasferiranno la residenza in Italia entro il 31 dicembre 2023, dunque il nuovo regime si applicherà ai soggetti che conseguiranno la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

È chiaro che il nuovo pacchetto di norme non renderà l’Italia più attrattiva per i connazionali emigrati, sia a causa della riduzione delle agevolazioni applicabili, sia a causa della poca chiarezza dei requisiti e condizioni richiesti e delle modalità di controllo degli stessi.



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