La Francia tra pensioni e proteste

| Jacopo Beggiora (Ce.S.E.D.) | Area lavoro (LABOUR)

"Retraites, Climate, mêmes combats!"

Da Parigi a Marsiglia, da Nantes a Lione: la rivolta in Francia infuria con lo stesso slogan da ormai mesi. Il governo presieduto da Élisabeth Borne è ancora sotto assedio, dopo aver annunciato una riforma delle pensioni, a quanto pare poco gradita sia dai partiti politici di sinistra, sia dai sindacati.

Lo scorso 10 gennaio, sono state presentate disposizioni che permetteranno ai cittadini d'oltralpe di andare in pensione con due anni di ritardo (da 62 a 64), oltre a dover avere un periodo minimo di contributi di circa 43 anni per avere accesso ad una pensione completa.

La questione pensioni è da sempre spinosa; esistono due tipi di congedi.

Il sistema detto “a capitalizzazione” prevede che, all’età pensionabile, il lavoratore ritiri i contributi versati nel corso della sua carriera lavorativa; è tipico di paesi come la Finlandia o la Svezia. La Francia, così come il nostro paese, possiede invece un sistema pensionistico definito “a ripartizione”, ovvero un sistema che prevede che i lavoratori correnti versino dei contributi per finanziare le pensioni degli attuali pensionati.

Il vero problema sta nel fatto che l’età della popolazione si sta progressivamente alzando ed i pensionati stanno, conseguentemente, aumentando. Se non c’è popolazione in età utile da lavoro in quota maggiore rispetto a coloro che sono in età pensionabile, il sistema crolla.

L’invecchiamento della popolazione sta mettendo pressione alle finanze pubbliche, che non sono più in grado di pagare le pensioni: per correre ai ripari, si è dunque alzata l’età pensionistica. Macron stesso difende la manovra: tutto questo è stato necessario per evitare il collasso del welfare francese. 

Bisogna ricordare che non è la prima volta che si tenta di far passare una riforma come questa: già tra 2019 e 2020 erano state proposte trasformazioni in questo senso, ma anche allora erano state accolte in maniera negativa.

Come già specificato, anche l’Italia segue un modello pensionistico a ripartizione, e anche nel nostro paese, nel lontano 2011, si era cercato di far passare una riforma simile, ovvero la “legge Fornero”. Sulla carta, il decreto avrebbe dovuto risanare le finanze pubbliche, creando un iter che avrebbe reso più sostenibile a livello economico il sistema delle pensioni, attraverso un aumento dell’età pensionabile e una rivalutazione dell’aspettativa di vita, dato dal quale poi si sarebbe calcolato l’importo pensionistico. Tuttavia, la manovra creò dissensi e malcontento generalizzato.

Anche i cittadini francesi non hanno accolto con favore questo tipo di cambiamento: già dopo l’annuncio dello stesso, i parigini sono scesi in corteo, coi leader sindacalisti in testa alla manifestazione. Tutti hanno espresso malcontento poiché ritengono il governo responsabile di essere ricorso all’articolo 49 della Costituzione francese, che prevede l’approvazione di una proposta di legge senza il voto parlamentare: dopo alcuni scontri con le forze dell’ordine, molti sono stati fermati ed arrestati.

Nonostante il caos imperante nelle città, il 17 aprile il presidente Macron ha posto la sua firma sul decreto pensioni. La sinistra insorge: “Si è addossato il furto di due anni di libertà”, commenta Jean-Luc Mélenchon; numerosi auspicano invece un ritorno alle grandi proteste di piazza, tra cui Pierre Jouvet, portavoce socialista, che ribadisce l’appuntamento del primo maggio.

Non resta che attendere gli eventi.

 

 

 

 



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